Riflessioni sul volantino “Un futuro per Arogno” recapitato oggi a tutti i fuochi del paese dai sostenitori dell’aggregazione.
Se il volantino recapitato a tutti i fuochi è la risposta che avevi promesso…
Ritengo che questo insistere nel voler a tutti costi e frettolosamente reintegrare Arogno nel processo aggregativo sia pernicioso sotto molti punti di vista. Dimostrate di essere dei cattivi perdenti. Dopo aver accusato i contrari all’aggregazione di essere diffusori di disinformazione, ora dal volantino non traspare altra preoccupazione che quella economica e finanziaria a breve termine, che naturalmente è importante, ma non è l’unico aspetto rilevante nella vita di un Comune; mentre per voi la questione finanziaria è lo strumento principale su cui fare leva per ribaltare la votazione consultiva svoltasi in modo democratico. Una volta aggregati, se mai lo saremo, la questione finanziaria non sparirà come d’incanto. Sarà sempre lì, mentre scompariranno alcuni servizi di prossimità, come pure mestieri e professioni; non ci sarà più l’anima politico-amministrativa del comune, forse anche le scuole. Il villaggio diventerà un quartiere dormitorio in cui sarà sempre più difficile ottenere ciò di cui si ha bisogno, perché le esigenze di “quartiere” saranno vagliate e confrontate con le esigenze e le priorità degli altri quartieri dell’entità. E questa nuova entità in competizione con le altre, cosa non farà pur di essere attrattiva per le nuove famiglie? Costruirà centri sportivi, porti regionali, autosili, mentre i privati costruiranno, se potranno, stabili abitativi per le nuove famiglie, perché questa è lagica…
Nella attuale fase storica, però, questi processi disegnati a partire dagli anni Novanta, in epoca neoliberista, stanno dimostrando segni di esaurimento. Vuoi perché non hanno saputo corrispondere alle promesse, vuoi per un sempre maggiore senso di precarietà ed insoddisfazione che si è diffuso nella società e verso la classe politica in generale che ha cavalcato questa ideologia.
Con il tempo verrà meno anche l’attaccamento dei cittadini al territorio stesso, perché l’istituzione che lo governa sarà sempre meno raggiungibile, elitaria, lontana.
Avrei voluto più riflessione, e di spunti ce ne sono stati sui post pubblicati, sui processi aggregativi e la loro storia che rimanda a movimenti ben più ampi quali la globalizzazzione, l’urbanizzazione del territorio, la metropolizzazione, di cui su scala ridotta i processi aggregativi fanno parte, ma anche sugli attori che tali processi promuovono e amministrano.
Come senza riscontro, ad ulteriore prova che non c’è attenzione verso argomenti e fatti che potrebbero condizionare la tua e vostra visione, o che forse non capite, altrimenti non avreste scritto il capitoletto “E’ etico farsi mantenere?”, c’è il fatto che nel Canton Ticino nel 2020, 36 entità comunali hanno versato nel fondo di perequazione 70’459’639 milioni di franchi, mentre 78 entità, tra comuni e quartieri, hanno prelevato 72’459’639 milioni di franchi dal fondo di compensazione, di cui 2’000’000 dalle riserve.
Cosa vuol dire questo in un territorio come il Canton Ticino?
Non tutti possono creare ricchezza sul proprio territorio comunale. Molti dei cittadini di comuni che attingono al fondo di perequazione, partecipano come pendolari (medici, infermieri, impiegati, operai, insegnanti, cuochi camerieri, inservienti, eccetera, eccetera) alla creazione di ricchezza in quei centri dove la ricchezza si produce perché lì ci sono le infrastrutture, ci sono uffici, banche, fabbriche, scuole superiori, grandi magazzini, ristoranti, alberghi, musei, teatri. Ospedali. Senza apporti esterni, Lugano non sarebbe quella che è. In compenso i comuni che usufruiscono del fondo, partecipano alla creazione di ricchezza generale, assumendosi i costi delle infrastrutture locali come le strade, gli acquedotti, che permettono alle persone di viverci, i costi della formazione di base – le scuole comunali, per intenderci -, eccetera, eccetera. Lugano non sarebbe Lugano se attorno avessse il deserto. Ecco il senso del fondo di perequazione. E far leva sul senso etico a proposito di questo argomento sfiora la disonestà o l’ignoranza.
Renato Quadroni