I Comuni non sono da svendere

L’opinione di Patrick Galimberti pubblicata nella pagina LETTERE & OPINIONI del CORRIERE DEL TICINO, 15.10.2020

L’OPINIONE / PATRICK GALIMBERTI*

I COMUNI NON SONO DA SVENDERE

Ho seguito con attenzione le opinioni di molte lettrici e lettori che hanno deciso di profilarsi su questo tema molto importante: vogliamo mantenere le autonomie comunali locali? A tutti loro il mio plauso perché hanno dimostrato di tener vivo lo spirito democratico e di averlo anche effettivamente esercitato partecipando a un dibattito che le nostre istituzioni comunali hanno a lungo snobbato.

In Ticino sono spariti negli ultimi anni circa 140 Comuni. Si può pensarla come si vuole, ma non tutte le fusioni hanno avuto il successo sperato. Alcune che erano strettamente necessarie (soprattutto da un punto di vista finanziario) sono state ben recepite e hanno portato nuova linfa alle istituzioni comunali aggregate. Altre (quelle pensate a tavolino) hanno portato a un impoverimento del dibattito politico e a uno smantellamento sistematico delle autonomie locali oramai relegate a frazioni del tutto: vi sono degli esempi di queste fusioni anche nelle valli del Sottoceneri. 

Non so quale scenario prevarrà in questo caso (il progetto Val Mara, n.d.r.), ma posso azzardare quanto segue: ciò che accomuna queste fusioni è di solito un improvviso aumento dello stipendio dei municipali del nuovo Comune aggregato secondo il principio dell’«adesso siamo più grandi e dobbiamo lavorare di più» oppure la massima «non siamo dei politici di professione». Si può anche notare che abitualmente l’aumento degli stipendi è deliberato a maggioranza assoluta e in tempi record. L’aumento dello stipendio, di solito, è anche inversamente proporzionale alla diminuzione del moltiplicatore comunale, perché ci sono «importanti opere da realizzare» e quindi bisogna spendere (sempre) di più. Questi ragionamenti sono inoltre conditi da pensieri profondi ma contraddittori come «uniamoci per non farci prendere dalla grande Lugano o da Mendrisio», che è un po’ come dire: «Non pensiamo al nostro orticello ma all’orto più grande, ma non a quello di Lugano o Mendrisio”.

Con questi grandi sillogismi, che riducono la vita comunitaria a mere logiche di partito, concludo con l’auspicio che questo fine settimana si esprima un voto che soppesi bene l’importanza delle autonomie locali (che costituiscono il nucleo comunitario principale) rispetto agli altri interessi più terreni. Fatta questa ponderazione, vinca la volontà popolare. Vale la pena svendere l’autonomia del tuo Comune? Vuoi che il tuo Comune entri nella lunga lista dei Comuni che non esistono più?

* vicepresidente del Consiglio comunale di Rovio