Aggregazioni

«L’aggregazione ha portato disaffezione fra i cittadini»

CORRIERE DEL TICINO del 21.01.2021

Alan Del Don

https://epaper.cdt.ch/epaper/viewer.aspx?publication=CDT&date=21_01_2021&tpuid=523#page/15

«L’aggregazione ha portato disaffezione fra i cittadini»

BELLINZONA / Gli storici ex sindaci Marco Cereda (Sementina) e Flavio Guidotti (Monte Carasso) non nascondono una certa delusione dopo la prima legislatura: «I quartieri periferici si sono sentiti un po’ abbandonati dalle istituzioni» 

«C’è una disaffezione generalizzata, a tal punto che purtroppo ci si abitua anche alle cose che non vanno». Non le ha mai mandate a dire, Marco Cereda. Da avvocato l’ex sindaco PLR di Sementina (dal 1996 al 2008) ha il dono dell’arte oratoria. Lo stile è pacato, mai sopra le righe. Le sue parole vanno dritte al nocciolo della questione. E l’argomento è di quelli che pesano: la nuova Bellinzona. «Ero favorevole all’aggregazione e lo sono tuttora, ma questo non vuol dire che tutto stia andando bene. La popolazione dei quartieri non si sente ancora abbastanza partecipe del progetto. Manca quella vicinanza che c’era negli ex Comuni fra autorità e cittadini», osserva con acume.

«Non si reclama a caso»

«Non ci sono quartieri di serie A e di serie B», è sempre stata la risposta tipo del Municipio alle critiche giunte da più parti in questi quasi quattro anni. I quartieri, insomma, sono un valore aggiunto, una ricchezza, come abbiamo titolato venerdì scorso dando spazio alle considerazioni dell’omonimo Servizio che si occupa di curare i rapporti fra l’amministrazione in senso lato e i paesi che compongono la Bellinzona unita. I responsabili hanno tracciato un bilancio positivo delle nove associazioni create finora sul territorio. All’appello mancano Gudo, Bellinzona, Monte Carasso e Sementina, nonostante ad esempio in questi ultimi due ex Comuni vi erano stati dei timidi approcci che finora non sono stati coronati da successo. Se la situazione dovesse restare la stessa fino ad aprile, allora il nuovo Esecutivo si vedrebbe costretto da regolamento a dar vita alle commissioni con nomina di sua competenza. «Difficile dire perché in quei quattro quartieri non sia nata un’iniziativa dal basso. L’unica spiegazione logica potrebbe essere che prima della fusione c’era un altro interesse per la vita di paese da parte della popolazione. Entravi nei bar e con i cittadini si parlava dei problemi di Sementina. Oggi non è più così. Adesso sembra quasi che quando si solleva qualcosa che non va si passa per quello che non fa altro che reclamare. L’ho sempre detto: l’aggregazione è una somma di conseguenze. E naturalmente non tutte possono essere positive». Quali sono quelle negative? «Sono in quello che la gente vede ogni giorno che non funziona. Le piccole cose. E quando queste piccole cose diventano molte, allora il cittadino teme di essere dimenticato». 

Un piano finanziario chiaro

Marco Cereda negli ultimi anni ha più volte fatto le pulci al matrimonio allargato. Nell’ottobre 2018 aveva sollevato, attraverso i giornali, le prime censure, riguardanti soprattutto quella che a suo avviso era la parziale inefficienza delle squadre esterne. Dodici mesi dopo, durante una delle serate organizzate dal sindaco Mario Branda e dai colleghi nei quartieri, aveva rincarato la dose. Biasimando la scarsa cura del territorio e i pochi investimenti previsti in periferia. «Ci sono molte cose da sistemare. Attenzione: questo non vuol dire che prima andava bene tutto. Non sarà facile per il futuro Municipio risolvere il problema della disaffezione dei cittadini. Il piano finanziario è una buona base di partenza perché rende chiare quali decisioni si potranno prendere e quali invece no».

«Ero per un’unione a tappe»

Un altro osservatore privilegiato di quello che è successo nella prima storica legislatura è Flavio Guidotti, ex sindaco PPD di Monte Carasso per tre decenni, dal 1982 al 2012. «Guardi, non mi sorprende affatto che la popolazione si sia allontanata dalla politica. Era ampiamente prevedibile. Il trend infatti era già in atto. Di chi è la colpa: delle autorità o dei cittadini? Bel dilemma», esordisce il nostro interlocutore. Il quale nelle fasi preparatorie del progetto aggregativo aveva posto l’attenzione sul rischio che si correva partendo subito con un matrimonio a 17 (poi alle urne Arbedo-Castione, Cadenazzo, Lumino e Sant’Antonino dissero di no): «Ero per una fusione, all’inizio, di Bellinzona con Giubiasco e in seguito si sarebbe dovuto procedere a tappe. Molti miei concittadini si dicono oggi un po’ pentiti di aver detto sì all’unione. Che non ha risolto tutti i problemi, questo è palese». Ha un consiglio da dare al Municipio che uscirà dalle urne il 18 aprile? «Non ho la bacchetta magica. Avendo fatto politica per molti anni per me le cose sono un po’ più chiare, ma non me la sento di dare suggerimenti».

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QUO VADIS? Capriasca: traditi indirizzi e scelte pianificatorie

L’opinione di Gabriele Quadri pubblicata nella pagina LETTERE & OPINIONI del CORRIERE DEL TICINO, 19.11.2020

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QUO VADIS?

Capriasca: traditi indirizzi e scelte pianificatorie

Le conseguenze nefaste di un’aggregazione mal gestita sono ormai sotto gli occhi di tutti. Invece di preoccuparsi della conoscenza e della cultura del vasto territorio di valle, non trascurando i fondamentali rapporti con la popolazione, la gestione politica di Capriasca si è viepiù trasformata in un controproducente e poco democratico «esercizio di potere». Nelle ultime legislature si è di conseguenza già assistito a un pericoloso accentramento di potere e di realizzazioni su Tesserete, senza porre la dovuta attenzione alle aree periferiche. Sintomatico il tentativo di alienare beni comunali delle precedenti amministrazioni come i vecchi edifici scolastici. Sono così stati clamorosamente traditi indirizzi e scelte urbanistiche, che avrebbero dovuto assecondare la vocazione di «polmone verde» della cosiddetta «grande» Lugano. I buoni propositi di zona di svago e di relativa vocazione turistica dell’antica pieve hanno, oggi, evidenziato limiti e omissioni entrando in conflitto con una poco oculata valorizzazione delle risorse ancora ben presenti sul territorio. Antiche mulattiere e aree potenzialmente agricole si trovano, per esempio, in uno stato di deprecabile abbandono. L’attuale amministrazione si è dunque dimostrata priva di una più coerente visione di sviluppo e di progresso. Ha dimostrato, al contrario, tutto il possibile per rompere equilibri urbanistici e ambientali optando per scelte contraddittorie e quasi sempre poco funzionali. Il piano viario e la percorribilità del centro, per esempio, con l’assenza di una circonvallazione, si possono considerare falliti. L’insufficiente conoscenza del territorio e dei suoi valori sta massacrando gli antichi nuclei protetti, come per esempio quelli un tempo suggestivi di Bigorio o di Sureggio. La cementificazione della valle continua come sarà probabilmente, fra poco, per i ronchi di San Matteo, di cui non resterà che un vago ricordo. Molto semplicemente, una valle non può essere trasformata in una squallida periferia urbana senza pagarne le amare conseguenze! Con un moltiplicatore d’imposta alle stelle (il più alto dell’intero Luganese), la precarietà dei servizi, i costi ingenerati dalla necessità di nuove infrastrutture (abbiamo condutture dell’acqua potabile risalenti agli anni Quaranta del secolo scorso), l’attrattività fiscale di Capriasca, fra tasse dirette e indirette, sarà ben presto ridotta a zero. Si ha l’impressione che l’esercizio di un potere piuttosto occulto e molto amministrativo abbia preso il sopravvento sul «servizio» dovuto ai cittadini elettori e contribuenti. Posti spesso di fronte a scelte fondamentali precedentemente stabilite a tavolino e legate più che altro a gruppi d’interesse quasi esclusivamente privato, così come sarebbe dovuto succedere con il comparto dell’oratorio.

Gabriele QuadriCagiallo-Capriasca

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Deriva democratica

L’Opinione di Alberto Poli, presidente Atac, pubblicata sulla pagina ALBO de “la Regione”, 27.10.2020

Di Alberto Poli, presidente Atac

L’Associazione ticinese per l’autonomia dei Comuni (Atac) prendendo atto dei risultati delle recenti consultazioni in materia aggregativa, osserva che, ancora una volta, le proposte in votazione non sono state accolte e questo malgrado che i favorevoli abbiano potuto contare su diverse migliaia di franchi pubblici per la loro propaganda mentre i contrari hanno dovuto autofinanziarsi. I politici dovrebbero chiedersi come mai la bocciatura dei progetti è diventata ormai sistematica. Si può continuare a portare avanti una politica basata sulle coazioni? Dopo la raccolta di firme farlocche nel Malcantone, quale altra strategia verrà messa in campo? È evidente che siamo di fronte a situazioni che mettono in serio pericolo la democrazia, eppure si continua per la stessa strada in quanto, dietro alle aggregazioni vi sono mire di accentramento dei poteri con relativi interessi milionari che fanno gola a molti politici di tutti i partiti. V’è da chiedersi se sacrificare i giusti processi democratici in cambio di interessi politico-economici sia la strada giusta da percorrere. Le bocciature che si susseguono dimostrano che i cittadini sono stanchi di questi giochetti di palazzo e che hanno ormai capito che le aggregazioni, con questa legge, sono un inganno che non porta loro alcun beneficio. Sarebbe pertanto ora che il nostro governo sviluppi una vera politica a favore delle comunità periferiche i cui cittadini meritano di essere considerati alla pari di quelli delle città.

Le aggregazioni oltre che causare la sistematica chiusura di molte cancellerie e servizi comunali di prossimità, non hanno di fatto impedito la chiusura di negozi, uffici postali, ristoranti, succursali di banche, e attività artigianali… E non è che le imposte siano diminuite; in compenso quasi ovunque sono aumentate le diverse tasse d’uso per acqua, rifiuti, ecc… Questo significa che la promessa di migliorie e maggiori servizi è stata ampiamente disattesa per cui, con un minimo di autocritica, bisognerebbe avere l’onestà di fermarsi e analizzare i motivi del fallimento della politica delle aggregazioni. Ci auguriamo che la gente sollevi la testa e abbia il coraggio di far pressione sui partiti che appoggiano questa deriva democratica, perché è chiaro che chi abusa e accentra il potere non lo fa per amore della nostra democrazia diretta e non possiede una cultura svizzera. Occorre intervenire per frenare questa derive democratica perché, ignorando il problema, nella popolazione crescerà il malcontento che potrebbe favorire l’insorgere di devianze autoritarie.

Mettere da parte i propri interessi per il bene comune è un sacrificio che il tempo ricompenserà.

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